venerdì 18 marzo 2011

Architettura & Moda, c'è tutto un mondo intorno

"La moda è l'architettura di un corpo"
Moda e Architettura vengono partorite da Designer con il dovere di  rispettare delle condizioni, di mezzo ci sono le taglie, i gomiti e le braccia, i pavimenti, le porte e i bagni. 
Probabilmente il primo popolo che ha fuso le due arti sono stati gli arabi con la loro cultura; il decorativismo geometrico caratterizza edifici e musei al pari delle preziose stoffe reperibili in Europa già dal XI secolo. Un'esempio eclatante dell'affinità tra questo tipo di architettura è l'Alhambra, dove le tassellature vestono elegantemente ogni ambiente. Se non l'avete mai vista andate sul sito della Ryan-air, compratevi un biglietto a due lire e volate a vederla.
Il primo a capire la compatibilità tra moda e architettura è William Morris che nell'ottocento crea le prime stampe da parati, tessuti d'arredamento e stoffe pregiate, inventando così la figura del designer ai tempi della corrente Arts and Crafts.
Saltando a pié pari da una generazione a quelle successive ci ritroviamo quì in Italia l'ingegnere/architetto/designer Elena Manfredini  che tra i suoi infiniti progetti ha creato un'istallazione studiata e realizzata per la galleria dello Sci-Arc dall'espicativo titolo "Merletti". Indovinate di che tratta.
Lo spazio della galleria è modellato come fosse un merletto veneziano messo sotto al telescopio. Elena dà il "là" aprendo un dialogo tra case di moda e studi di architettura, così che i brands più importanti legano sempre più di frequente la loro immagine ad architetti di fama mondiale. 
è il caso di Prada (adoratissima Prada) e OMA Rem Koolhaas per gli showrooms di New York, Londra, Shangai e via discorrendo per ciò che concerne la realizzazione dei fashion concept store ma anche per l'allestimento e l'allestimento della merce (vedi Prada Sponge).
Contemporaneamente AMO che è il reparto creativo dello studio olandese lavora sull'identità del brand attraverso la realizzazione di grafiche per i cataloghi e allestimenti di sfilate della stessa e di Miu Miu (e sempre  di Miuccia stiamo parlando).
Ma le collaborazioni tra architettura e moda sono ormai all'ordine del giorno; SANAA e Dior, Future System e Comme des Garcion. Spesso queste collaborazioni trovano le loro location in Giappone o in America, in Italia non ne conosco alcuna (ma potrebbe essere un mio limito, intesi).
Passando invece al materiale utilizzato, se ne sperimentano di tutti i tipi; Susie Mac Murray usa della gomma lattiginosa per i suoi abiti scultura bianchi, che niente invidiano a quelli da sposa dell'haute-couture di Viktor&Rolf. Molti artisti/stilisti sono affascinati dalla deformazione, dalla possibilità di modificare il corpo utilizzando materiali presi in prestito da altri settori; chi non ricorda il tavolo.gonna di Chalayan Hussein?
In prima linea verso questa direzione c'è anche Miyake con il progetto 132 5 in collaborazione con Reality Lab in cui delle piattaforme bidimensionali si sviluppano come degli origami intorno al corpo creando degli abiti da panico a mio avviso.
In ultimo, è doveroso citare Sandra Backlund (vincitrice Festival International de Mode et de Photographiedi Hyéres) che con la sua collezione Ink Blot ha creato degli abiti di carta composti da piccoli iceberg richiamanti il lavoro svolto da Coop Himmelbau per il Pavillion 21 Mini Opera (anche se quì le punte erano metalliche!)
Bhè, che dire, chissà cosa ne penserebbe William Morris se avesse saputo che anche grazie a lui oggi tutto questo è possibile!

Fonte: City Vision

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