martedì 28 dicembre 2010

A guisa di dandy bevevo cognac


Mia madre sfogliava novella 2000
Ed io ai suoi piedi leggevo Prevert
Avevo dieci anni ma pensavo già alle donne
E chiuso nel mio bagno amavo Edwige Fenech
A scuola i ragazzi giocavano al calcio
Ed io sul muretto citavo Verlaine
Avevo 16 anni e pensavo solo al sesso
Poi vidi le sue labbra e me ne innamorai
Le scrissi più o meno duecento poesie
La prima diceva così:Amami come se fossimo ancoraIn quel bar di Berlino a fumare Pall Mall
Amami come quella volta all’Esselunga
Quando in preda alla fame rubammo una baguette
Mio padre voleva che facessi il ragioniere
Ma io impenitente risposi: “giammai!”
Avevo vent’anni e coi miei capelli lunghi
A guisa di dandy bevevo cognac
Avevo già scritto tremila poesie
La prima diceva così:
Amami come se fossimo ancora
In quel bar di Berlino a fumare Pall Mall
amami come quella sera a Marsiglia
quando in preda al barbera mangiammo escargot
A giugno mi chiese di amarla per sempre
Ma io impenitente risposi di no
Avevo trent’anni e vivevo da bohemien
Lei disse sottovoce: “vedrai te ne pentirai…”
Amami come se fossimo ancora
Fra calde lenzuola nel letto dei tuoi.
[Dario Brunori]

sabato 25 dicembre 2010

I LOVE J. INGRES. la grande Odalisca 1814 (Louvre, Paris)

l'amore HA un odore

amore mio. 
amore ,amore, amore mio,ogni parte del tempo che esiste e poi scompare ha il sapore di te, se avessi un profumo, uno soltanto, io penso saresti rosmarino. 
Che da piccola, di agosto, m'affacciai alla finestra e tutti i campi erano lesi dalla calura, le mie mani scottavano, le cicale frinivano, le campane suonavano, le strade asfaltate si riempivano di pozze fumanti, ma sul mio davanzale... 
E d'un tratto soffiò un vento gentile, qualche uccello disegnava in volo. 
Amore, amore, amore mio, mi rapì l'odore di te e mai fù più bella estate.

martedì 21 dicembre 2010

Ad Holden piaceva il surrealismo

"La fantasia è la facoltà più libere delle altre, essa infatti può anche non tenere conto della realizzabilità o del funzionamento di ciò che ha pensato. é libera di pensare qualunque cosa, anche la più assurda, incredibile, impossibile.
Il verismo vede l'ogetto così com'è.
Il surrealismo lo vede in combinazioni strane."
Bruno Munari -Fantasia-

La mia predisposizione al surrealismo nasce probabilmente da una pulsione di rifiuto per ciò che abbiamo intorno, assumo un atteggiamento adolescienziale di protesta, come il giovane Holden. Sempre. Ci chiedono di essere concreti, razionali, materiali. Ci chiedono (e lo fanno in maniera silenziosa) di AVERE cose, case, cani. Mi adatto (ho cose, casa e cane), ma non posso rinunciare, proprio non posso, ai cartoni animati, all'irrazionale per eccellenza, all'accettazzione che una cosa sia così, vera e fredda, perchè il mondo gira in un senso che non capisco.

Ma ormai il surrealismo fà parte di un'epoca che non mi appartiene, ed oggi vivo il il surrealismo pop. Carrellata di immagini.
 
 








sabato 18 dicembre 2010

Pitti Uomo, tra creatività e innovazione.


PITTI CITY è  il l tema di gennaio 2011
Lo skyline di una città che è un po’ Firenze, e un po’ ogni luogo metropolitano che fa riferimento alla moda contemporanea: è Pitti City, il tema di questa edizione del salone. Pitti Immagine, con la sua idea non tradizionale di fare fiera, ha da sempre avuto un rapporto molto stretto con la città. Questo gennaio sarà la città a entrare nella manifestazione: alla Fortezza da Basso, grazie agli interventi dei Tankboys, gruppo di illustratori e graphic artist, ci saranno enormi sagome di palazzi storici e grattacieli, piazze, monumenti, mercati e negozi, a disegnare una città dentro il salone, con una visione ironica e artistica, in grado di mettere assieme tutte le diverse anime e sezioni del salone. E ancora, ricostruita attraverso lightbox e manifesti, una mappa tridimensionale comunicherà l’accesso alle diverse sezioni, segnerà il percorso e l’offerta espositiva del salone. Una nuova testimonianza di quanto Pitti Uomo rappresenti, con la ricchezza delle sue diversità, il panorama più completo della moda maschile.
 
Il NUOVO LAYOUT di Patricia Urquiola completa la trasformazione del Centrale
A gennaio il progetto del nuovo layout affidato all’architetto e designer Patricia Urquiola completa la geografia del Padiglione Centrale, coinvolgendo anche gli spazi del Piano Terra: una disposizione degli stand più aperta, che mette in dialogo i prodotti e i marchi come in un vero department store. Nel percorso tra le collezioni il Piano Terra dialogherà in modo ancora più diretto con il Padiglione Cavaniglia (sezione Sport & Sport) da una parte, e con la ricerca del Fashion District dall’altra (con le sezioni Futuro Maschile, Touch!, l’Altro Uomo). Il Padiglione Centrale diventa così sempre di più luogo in cui Pitti Uomo elabora le tendenze più attuali del lifestyle, ma anche il simbolo di come il salone si sia evoluto negli anni, coniugando tutte le anime del menswear che in questo momento sono più forti sul mercato.
 
Il ruolo del NUOVO FORMALE a Pitti Uomo
Cresce il ruolo del “nuovo formale” nella geografia del salone e della moda maschile. Da una parte il Piano Inferiore del Padiglione Centrale è sempre più il luogo scelto dalle aziende - con nomi come BoglioliBrunello Cucinelli,Church’s, CIPA di Kiton, CrucianiLardiniIsaiaJacob CohenDrumohr e altri - per rappresentare con le loro collezioni lo stile emerso nelle ultime stagioni dalla contaminazione tra classico, ricerca e sportswear, espresso da altri nomi di punta del nuovo classico come CIPA di Kiton e Cantarelli, sempre protagonisti al Centrale. Dall’altra Futuro Maschile, con le sue aziende italiane e internazionali - nomi come SartorioRodaCamoshita United ArrowsAlden e altri - continua ad esprimere la nuova eleganza maschile attraverso un prodotto capace di coniugare carattere sartoriale, contenuti di stile e concretezza. Realtà affermate che da molte stagioni puntano sulla Fortezza da Basso per rinnovare la loro identità, in sintonia con i gusti, gli stili e la velocità del presente.
 
Cresce l’attenzione sullo SPORTSWEAR
Le grandi aziende dello sportswear, quelle che in questo momento stanno raccogliendo risultati importanti sul piano commerciale, fanno investimenti sempre più consistenti su Pitti Uomo, segno che il salone è riconosciuto come la piattaforma ideale per presentare le collezioni e le nuove iniziative. E mentre marchi come Marina Yachting e CP Company si aggiudicano spazi più grandi e creano allestimenti d’impatto, assistiamo anche a rientri importanti, come quello di Façonnable e di Jeckerson, o ad anteprime mondiali come la nuova raffinata collezione di Albert Arts.
 
Nuovi POP UP STORE al CENTRALE
Oltre che al Piano Inferiore e all'Attico, anche al Piano Terra ci saranno i Pop Up Store: un'area dedicata al design, con una speciale selezione di oggetti di "easy design", progetti di qualità e lusso quotidiano firmati Skitsch che dialogano con un pubblico allargato, ideati per essere venduti nei migliori concept store. Una collezione completa per l'abitare, volutamente eclettica, firmata da designer internazionali, noti ed emergenti - in collaborazione con l'art director Cristina Morozzi; e un Pop Up Store dedicato al benessere, con prodotti per la cura del corpo e della persona, sempre scelti in modo autoriale. E ancora, un’area dedicata alla passione per le moto: la Fine Art Dirt Collection sarà un’esposizione di 7 moto e una mostra che racconta due discipline come lo speedway e il flat track, interpretate da Roberto Totti e Mr Martini, due customizer di fama mondiale, e da uno stilista della calzatura come Alberto Fasciani, in un progetto curato dal fotografo Alberto Narduzzi. Queste tre nuove aree speciali sono espressione della complementarietà tra abiti, oggetti e prodotti, che sempre più caratterizzano l'offerta di lifestyle di Pitti Uomo, e riflettono l'immagine evoluta del Padiglione Centrale.
 
Il focus sulla ricerca di TOUCH!
È un mondo in crescita quello espresso dalla sezione Touch!: c’è una lunga waiting list di aziende che fanno richiesta di presentare le loro collezioni in questa sezione, e si tratta in gran parte di marchi internazionali, espressione della ricerca più eclettica nel guardaroba dell’uomo contemporaneo, degli stili più visionari, che recuperano tradizioni, materiali sofisticati e ricchi del passato, per sperimentare e rappresentare l’avant-garde oggi.
 
MY FACTORY: scommessa vincente nel rappresentare gli stili emergenti
My Factory, il progetto espositivo di Pitti Uomo nato nel giugno scorso, a questa edizione si espande negli spazi del Lyceum, con un nuovo allestimento urban curato da Oliviero BaldiniMy Factory è nato come una scommessa: quella di dare rappresentazione agli stili emergenti della moda, che fanno riferimento alla cultura metropolitana oggi, alle nuove tecnologie, alle contaminazioni tra musica, arte, design. Una scommessa non semplice per un mondo così molteplice e variegato, ma My Factory è riuscito a presentarsi come un contenitore ideale, sia per le aziende, sia per i buyer alla ricerca di novità e input commerciali. Tra i marchi di questa edizione segnaliamo: Bob Sdrunk, Commune de Paris 1871, Frost Birgens, HTC - Hollywood Trading Company, Il Sistema Degli Oggetti, Levi's Made & Crafted, Salvation Nation, Springa, Uniforms For The Dedicated.
 
Gli esordi dei nomi nuovi di NEW BEAT(S)
Sempre al Lyceum, ma al primo piano, anche a questa edizione ci sarà New Beat(s), l’area che Pitti Uomo dedica ai debutti assoluti. Provengono da tutto il mondo - dalla Corea Del Sud, dall’Australia o dalla Gran Bretagna – i giovani designer che uno scouting attento ha segnalato come i più interessanti in questo momento, e che si presentano al primo appuntamento con il pubblico internazionale proprio a Pitti Uomo. Tra i marchi presenti segnaliamo: Cipher, Moveroma, Quayeyeware Australia, Rae Jones, Resurrection, Twins For Peace.

giovedì 9 dicembre 2010

La ballata dell'innocenza corrotta

Camminano nella stessa direzione, senza potersi nemmeno sfiorare, tant'è la distanza. Potrebbero suonare le medesime note, se solo usassero lo stesso strumento.
Questa è una storia antica, dell'uccello e del pesce, entrambi senza gravità.
Grave è lo sguardo con cui si osservano, lontani si, non possono toccarsi, eppure saprebbero parlarsi, svuotandosi le tasche a vicenda, se non fosse per i suoi capelli bianchi, per i suoi denti non ancora giudiziosi.
Non gli è concesso che una catena di sogni, dove ogni anello aggancia quello dell'altro con la fantasia.
Vola, e dall'alto guarda i cavalloni gonfi di spuma, lo vede galoppare a filo d'acqua sotto la sua ombra.
Vento avverso e tzunami d'emozioni silenziose, non possono toccarsi, non si possono amare, non gli resta che l'immaginazione.
E quindi danzano, la ballata dell'innocenza corrotta.

La Mauvaise Vie: PETER GRONQUIST'S FASHIONS OF DESTRUCTION

La Mauvaise Vie: PETER GRONQUIST'S FASHIONS OF DESTRUCTION: "Hi girls! Today I'm writing about Peter Gronquist, an artist who has created origal artworks. Peter Gronquist was born in Portland, Oregon ..."

flash(ion) illustration story



“La moda è un camaleonte, espressione di pensieri ed emozioni, oltre che di forme e silhouette. Non è un frivolo o manieristico esercizio di stile, ma un aspetto eccitante della nostra vita che l’illustratore ha il compito di rappresentare”.
Probabily, D.Egneus is my preferit fashion illuastrater

Tracciando una panoramica per linee essenziali deldisegno di moda, si nota come esso è stato e continua ad essere mutevole, mai costante nel corso del tempo, con periodi di totale assenza dai periodici del settore e dalla pubblicità.
Siamo nel lontano 1908, quando Paul Poiret commissiona a Iribe un album che riesca a illustrare espressivamente, e non tecnicamente, la sua nuova collezione: l’operazione riscuote tantissimo successo, così che l’haute couturiér francese decide di ripeterla affidandosi, nel 1911, alla mano di un altro disegnatore. L’album si intitola “Les Choses de Paul Poiret vues par George Lepape” ed è quello che segna il progresso, la svolta nell’illustrazione di moda: una collezione “vista” mediante un occhio diverso e distante da quello dello stilista.
Comincia la storia della rappresentazione grafica di moda elevata al rango di espressione artistica, in un rapporto di reciproca influenza con le arti maggiori. LaGazette du Bon Ton è la rivista in cui opera l’equipe di grandi come Barbier, Martin, Marty, Brissaud e i già citati Lepape e Iribe, che riusciranno ad influenzare persino la fotografia e a non farsi soppiantare da essa.
Ogni loro illustrazione, anche su altre riviste, affiancata dalle firme di talenti come Brunelleschi, Ertè, Benito o Drian, inquadra perfettamente la moda dell’epoca nei contesti più appropriati, diffondendola mediante le numerose testate giornalistiche esistenti in quel periodo.

Legata prevalentemente all’alta moda, la storia dell’illustrazione ne segue gli sviluppi e le crisi, alternando periodi di grande fioritura a fasi di stallo, lasciandosi sostituire dall’oggettività del mezzo fotografico.
Gli anni ’30 vedono per primi il declino: capofila è Vogue, e a seguire le testate minori, che bandisce le celebri copertine disegnate per sostituirle con quelle fotografiche.
In maniera molto più marcata, la verità dell’obiettivo fotografico non teme rivali negli anni ’50. Solo con le nascenti collaborazioni fra artisti e stilisti si vedono lievi accenni di un ritorno all’illustrazione: su tutti, il celebre connubio Dior – Gruau, emblema di come un’ artista “vede”, determina, caratterizza col proprio segno grafico il lavoro di uno stilista.
Dall’inizio degli anni ’60, si assiste ad un definitivo abbandono del disegno di moda. Collettivamente le riviste del settore intraprendono una politica editoriale che solo sporadicamente si avvale di artisti per la loro celebrità, per eventi speciali, e non di rado per iniziativa spontanea degli stessi, ma in qualità comunque di reporter.

La sola fotografia ha il compito di registrare, di riportare meccanicamente, documentare, con non pochi problemi visuali, entro confini tecnici che la totale libertà del disegno non conosce.
Per tutta la durata degli anni ’60 e ’70 riviste come Harper’s Bazaar e Vogue danno uguale enfasi a fotografie e disegni: alcuni dei loro regolari collaboratori come Rene Bouché ed Eric muoiono e nessuno, per lungo tempo, li sostituisce.
Un’unica firma compare sulle riviste: quella di Antonio Lopez. Da Women’s Wear Daily al New York Time, a Elle, i suoi lavori suscitano l’interesse di molti.
Lo stile versatile, frutto di diverse influenze, dalla Pop Art al Surrealismo, regala vitalità al mondo dell’illustrazione di moda, ma sopra ogni cosa, crea un ponte fra gli anni ’60 e la rinascita degli ’80, escludendo il manierismo fotografico del tempo.

Indumenti non fotografabili, che necessitano angolazioni diverse per risultare suggestivi, conducono gli editori a rivolgersi agli artisti: da un’istantanea si può evocare l’indumento, l’umore dello stilista piuttosto che quello della stagione culturale in cui esso nasce.
Le riviste tornano ad essere, come all’inizio del secolo, espositrici di illustrazione il cui linguaggio creativo si trasforma in vera e propria espressione artistica.
La mode en Peinture promuove le donne forti e dominanti, catturate per impressioni, di Tony Viramontes che collaborerà poi con Lei, The Face, MarieClaire e Le Monde.
Mats Gustavson, per Vogue e MarieClaire, descrive tagli e stili tramite l’uso coinciso di linea e colore; Joe Eula si serve di acquerelli veloci per fermare sulla carta un abito in passerella; Alterio ci porta dentro atmosfere fumose e intense; Michael Roberts traduce Picasso e Arte Africana per i servizi del Sunday TimesNovaVingt Ans.
Per quanto riguarda Vanity, già nel 1981, con l’incentivo di Anna Piaggi, compaiono le “vignette” satiriche di Hippolyte Romain, collaboratore anche de La Mode en Peinture, col suo peculiare segno caustico, sebbene egli adori il mondo della moda.
Con Alberto Nodolini questa forma d’arte è incrementata maggiormente, enfatizzata da talenti italiani “indigeni” e dalle caratteristiche particolari: ecco comparire le incisioni di François Berthoud, la tecnica altamente rifinita dei pastelli a olio di Lorenzo Mattotti (entrambi hanno radici che affondano nel fumetto), gli abiti-sculture rappresentati da Stefano Canulli, e molti altri.
Se pure con tecniche e punti di vista totalmente distanti, ognuno di loro contribuisce a modificare la riproduzione grafica del vestire, grazie alla forza dell’essenzialità, alla personale interpretazione, lontana dalla mera documentazione fotografica.
Gli anni Novanta si servono dell’arte del disegno, non solo per gli abiti di tendenza, ma anche per gli oggetti di design.
In generale è la pubblicità ad acquisire questo volto: artisti come Jason Brook, i cui disegni a inchiostro ci riportano a Beardsley; Jasper Goodall o Thierry Perez appaiono con le loro immagini pseudorealistiche su Vogue, Visionaire, The Sunday Times.
Alla fine del decennio comincia la velocissima scalata delle tecniche computerizzate, che consentono di “vedere”, di studiare ancora, di trasformare una sfilata in un album.
Gli illustratori di moda attuali si avvalgono di strumenti e metodi che rispondono ai cambiamenti di gusto nella moda, nella società e nell’arte, mostrando stili variabili, tuttavia riconoscibili, che mutano al variare dell’umore della moda, dello style.
François Berthoud, la cui carriera ha inizio negli anni Ottanta, continua ad illustrare la moda: utilizza vernici a smalto tanto quanto Photoshop, mantenendo uno stile diretto ed efficace come quello degli esordi, giustificato dall’incisione.
Photoshop, scanners, collage fotografici e le più disparate tecniche informatiche, hanno trasformato l’arte dell’illustrazione: cosmic cybergirls popolano le pagine di moda, ma sono numerose le contaminazioni dei mezzi grafici, tanto che non importa più se l’handmade è in realtà un effetto creato digitalmente, la licenza artistica è un aspetto essenziale.
L’illustrazione continua così ad affascinare per le sue qualità narrative, filtrate dall’artista libero di esprimere fantasia e talento, in alternativa allo “squallido shock della quasi-porno estetica fotografica del tempo”.
Sebbene quest’ultimo concetto sia legato alle più recenti sperimentazioni grafiche, serve a riportarci all’analisi intrapresa dell’opera di Mattotti, alle immagini di celata sensualità che, negli anni che vanno dall’’84 all’’89, ne costituiscono una valida testimonianza.
E’ interessante notare come, nonostante la sua dichiarata estraneità al mondo-moda, riporti una documentazione efficace del suo tempo.
Gaia Nicastro

venerdì 3 dicembre 2010

L'artista di Creta

I fanciullini hanno gli occhi sgranati, quando guardano il mare d'inverno.
A me i brividi vengono scoprendo il cielo ansimare,
quando ci troviamo con un brandello di stella sul dorso del cuore,
diventiamo tutti buoni sarti, e risistemiamo i punti, a distanza di un centimetro stavolta.


La differenza tra il creativo e l'artista, è davvero minima, io credo. Potrebbero essere la stessa persona, una doppia faccia che presta or l'una, or l'altra guancia alla vita. Il creativo deve scendere a compromessi e prestate la sua arte al prodotto, non può concedersi il lusso di cacare su una tela e chiamarla arte, se prima non ha ideato un cesso. L'artista deve soffrire in silenzio, aspettando il suo momento per sentirsi libero, deve essere gestito da un profilo credibile e funzionale.
Perchè quì niente è gratis, perchè rimpiazzarti è davvero semplice.
Il creativo deve tenere il bastone del comando, se l'artista nasce ambizioso. Ma poi, mi rendo conto, non si può chiedere all'artista di mascherarsi ed essere costante, lui non sà stare incatenato, nel ritmo degli altri, ciò che è, suona fuori tempo, e costringerlo ad adeguarsi, è sfiguarlo, è corromperlo, per il mero obbiettivo di un riconoscimento.
Ma non c'è strada più ripida che l'affermare la propria libertà, il proprio essere come unico. Se forse ci sgabbiassimo, saremmo tutti degli artisti.
Forse solo il radicale può emergere, la strada del creativo, sembra semplicemente la meno rischiosa. Comincio a sproloquiare.
Troppa carne al fuoco, come al solito, riordinare i miei cassetti, è sempre un dramma. Ho bisogno di musica.

mercoledì 1 dicembre 2010

ANFETAMINA

mis. mis. mis.

MiScugli di colore iMpiaStrano la tela
Mi Scuso con il Suolo
Mi Sciolgo con il Suono
Mi Sento come che Sono.

ed ora un paio di haiku:
1) pioggia,
un mazzo di Iris attraversa il mio cancello.

2) una mosca screziata
a zonzo scie cobalto